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Cicerone
De Natura Deorum, I, 84
 
originale
 
[84] At primum quot hominum linguae, tot nomina deorum; non enim ut tu, Velleius, quocumque veneris, sic idem in Italia Volcanus, idem in Africa, idem in Hispania. Deinde nominum non magnus numerus ne in pontificiis quidem nostris, deorum autem innumerabilis. An sine nominibus sunt? Istud quidem ita vobis dicere necesse est; quid enim attinet, cum una facies sit, plura esse nomina? Quam bellum erat, Vellei, confiteri potius nescire, quod nescires, quam ista effutientem nauseare atque ipsum sibi displicere. An tu mei simile putas esse aut tui deum? Profecto non putas. "Quid ergo, solem dicam aut lunam aut caelum deum? Ergo etiam beatum: quibus fruentem voluptatibus? et sapientem: qui potest esse in eius modi trunco sapientia?" Haec vestra sunt.
 
traduzione
 
84. No di certo ch?, in primo luogo, tanti sono i nomi degli d?i quante sono le lingue parlate dagli uomini. Tu, dovunque ti rechi, sei sempre Velleio, ma Vulcano ha nomi diversi a seconda che ci si trovi in Italia, in Africa o in Spagna. Inoltre il numero complessivo dei nomi divini non ? grande neppure nei nostri libri pontificali ma infinito ? quello degli d?i. Dovremo dunque pensare che non abbiano nome? A questa conclusione dovete necessariamente arrivare, visto che non ha alcun senso una pluralit? di nomi data l'identit? dell'?petto. Come sarebbe stato meglio, Velleio caro, confessare la tua ignoranza piuttosto che disgustarci con codeste tue ciarle facendo, nel contempo, torto a te stesso! Credi davvero che la divinit? sia simile a me o a te? Certamente non lo credi neppure tu. ? Ma allora ? obietterai tu ? dovr? considerare divino il sole o la luna o il cielo? In tal caso, bisogner? ritenere che vivano felici; ma quali mai saranno i piaceri di cui godranno? e occorrer? anche pensare che siano sapienti; ma come pu? albergare la sapienza in esseri inanimati? ? Queste sono le vostre argomentazioni.
 

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